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Il freddo pungente di Berlino li accoglie come uno schiaffo a mano aperta sulle guance. Sono le cinque del mattino di un giorno di novembre è la città è avvolta da un buio pesto, anche se dopo aver passato le ultime quattro ore in un locale con le luci sparate negli occhi sembrano quasi confortanti quel silenzio e quell'ombra che li circonda.
Hanno varcato da pochi secondi l'uscita eppure Lauro batte già i denti, lui che è abituato alle temperature miti di Roma anche a novembre e non ha minimamente pensato di portarsi dietro una giacca più pesante, in barba alle raccomandazioni di Edoardo.
È sempre lui d'altronde quello con la testa sulle spalle -non che sia una persona seria, tutt'altro, ma sicuramente lo è più di Lauro.
"C'hai freddo eh?" lo prende in giro infatti notando le labbra che stanno diventando viola. Nonostante vorrebbe menarlo per quel sorrisetto sulle labbra l'unica cosa che Lauro riesce a fare è annuire.
Edo lo tira contro di sè e gli passa un braccio attorno alle spalle, l'altra mano impegnata a smanettare con il cellulare per cercare un locale aperto a quell'ora.
"Ho voglia di pretzel" aveva annunciato a inizio serata e quella voglia gli era rimasta per tutta la durata del dj set di Frenetik. Così, mentre il loro amico era impegnato a beccarsi i complimenti del gestore del locale loro due erano sgattaiolati fuori pronti per andare alla ricerca dell'agognato premio.
Un paio di minuti di ricerche ed Edoardo scopre l'esistenza di una panetteria non lontano da dove si trovano.
Si incamminano così, in silenzio, il braccio di Edo che non lascia il corpo di Lauro finchè non entrano nel luogo individuato, con un insegna pericolante e illuminata solo per metà. La panetteria non è grandissima, c'è giusto lo spazio per due tavolini oltre al bancone. Non importa però, a quell'ora, pochi minuti dopo l'apertura, ci sono solo loro due e la signora che li osserva entrare. Hanno decisamente l'aspetto di due stranieri, fosse anche solo per come si sono conciati. Ancora peggio quando Edo cerca di spiegare che vorrebbero un pretzel e due caffè. Alla fine tra gesti e parole dette in un inglese maccheronico sembra farsi capire, perchè la signora annuisce e in pochi minuti appoggia tutto al tavolino dove si sono seduti uno di fronte all'altro.
Lauro è il primo a tuffarsi su quell'intreccio di pane, staccandone un pezzo e sbranandolo come se non mangiasse da giorni.
"Ah Là, piano che te strozzi" lo ammonisce Edo ridacchiando.
"Edoà sto coso è buonissimo" risponde Lauro con occhi meravigliati. Ha accettato di seguire Frenetik a Berlino anche solo per poter provare il cibo del luogo e mai scelta gli è sembrata più giusta.
"Ti ricordi che dobbiamo fare domani, vero?" chiede Edo mentre sorseggia il suo caffè.
Lauro lo guarda interrogativo mentre addenta un altro pezzo di pretzel, sforzandosi di ricordare che cosa hanno in programma per il giorno seguente. Nulla, nella sua testa c'è il vuoto completo.
"Là il giro in discografica. C'è da presentare il nuovo pezzo" spiega rassegnato Edoardo.
"Ah, già, c'hai ragione" commenta Lauro quasi con indifferenza. L'espressione però non passa inosservata, sicuramente non può farlo agli occhi di Edoardo, che dopo anni di amicizia ha imparato a conoscere ogni sfumatura del suo sguardo.
"Là me dici che c'hai? Ogni volta che si parla del pezzo sembra che t'abbiano insultato"
Ed è vero, Lauro lo sa bene. Sono giorni che hanno pronto quel pezzo e ancora non l'hanno presentato alla casa discografica. La scusa sono stati i mille impegni tra studio e qualche evento nei club, ma la realtà è che Lauro sta tardando l'uscita di quel pezzo da almeno due settimane.
"Ma nun c'ho nulla Edoà, è tutto okay" minimizza come sempre. È talmente stupido da pensare che Edo lascerà perdere. Nulla di più sbagliato. Edoardo posa la tazzina di caffè davanti a lui e incrocia le braccia al petto, in attesa di una risposta che lui consideri sufficientemente convincente. E ci vuole poco perchè Lauro confessi cosa lo tormenta.
"E che non lo so...ho paura che se sto pezzo non piace poi la gente se inizià a stanca' de me"
Ed eccola li, la bomba sganciata in un locale deserto in Germania davanti a un pretzel condiviso. Il tempismo delle paranoie di Lauro è sempre stato formidabile. Edoardo scuote la testa e allunga un braccio sul tavolo, una mano che si posa sulla spalla di Lauro.
"Là piantala di dire stronzate. Il pezzo è buono, te l'hanno detto tutti. Per una volta ti puoi fidare di chi lavora con te?" lo rimbecca con il tono che userebbe con un bambino di cinque anni, solo per il gusto di infastidirlo un po'. Lauro però non coglie la provocazione e allora Edo capisce che la situazione è più seria del solito.
"Ascoltami" riprende avvicinandosi un po' di più a lui "Se non ti fidi degli altri puoi almeno fidarti di me?"
Fortuna vuole che Edo sia concentrato sul suo volto, perchè il brivido che percorre il suo corpo quando si fa così vicino Lauro lo sente nitidamente. È colpa dell'alcol che ha bevuto, sicuro.
Cerca di non pensarci e di riflettere allora sulle parole che il ragazzo di fronte a se ha appena pronunciato.
Ha ragione. Se è vero che ogni tanto dubita di chi gli sta intorno quel che è certo è che di Edoardo si fida cecamente. Se a lui il pezzo piace allora sa che sarà un successo. Dovrebbe smetterla di farsi tutti questi psicodrammi e concentrarsi su altro, ma la verità è che è tremendamente difficile quando hai paura che tutto quello che hai costruito ti cada addosso come un castello di carte mosso dal vento.
"Quindi?" lo risveglia dai suoi pensieri la voce di Edoardo. E allora al diavolo le paranoie.
"Okay, me fido" risponde quasi rassegnato "Ma se poi ce fischiano al live te meno" aggiunge indispettito. Edoardo dal canto suo scoppia a ridere.
"Seh seh certo" fa per allungare una mano e prendere un pezzo di pretzel ma tutto ciò che trova sul tavolo è il tovagliolo pieno di briciole. Lo sguardo di Lauro è lo stesso di un bambino beccato con le mani nella marmellata: colpevole.
"Eddai nun me guardà così" si lamenta infatti "Ne prendiamo un altro, offro io"
